Data  16/04/2020 01:56:54 | Sezione PCM PCM

Ferie pregresse - Dirpubblica diffida il Ministro della Funzione Pubblica.


Istanza della Dirpubblica
Istanza della Dirpubblica

Riprende l’attività del Sindacato a tutela del Pubblico impiego con la diffida al Ministro della Funzione Pubblica per la revisione della circolare 2/2020, prolungando i tempi di fruizione delle ferie pregresse in funzione della durata dello stato di emergenza. Pubblichiamo l’atto notificato ieri 15/04/2020.




Roma, 9/4/2020

Oggetto: Art. 87, co. 3, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18 – ferie pregresse - Atto di diffida e costituzione in mora.

 

Ad istanza della Dirpubblica (Federazione del Pubblico Impiego), in persona del Segretario Generale p.t. e legale rapp.te, il dott. Giancarlo Barra, che sottoscrive la presente ad ogni effetto di legge, assistito dall’avv. Carmine Medici, presso il cui studio è elett.te dom.to in Roma, alla via Cosseria, n. 2 (fax: 081/019.74.52 - p.e.c.: carmine.medici@pecavvocatinola.it)

Premesso

1.            – Che, come stabilisce l’art. 87 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, «fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-2019, ovvero fino ad una data antecedente stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione, il lavoro agile è la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che, conseguentemente:

a) limitano la presenza del personale negli uffici per assicurare esclusivamente le attività che ritengono indifferibili e che richiedono necessariamente la presenza sul luogo di lavoro, anche in ragione della gestione dell’emergenza;

b) prescindono dagli accordi individuali e dagli obblighi informativi previsti dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81»;

2.            – che, come stabilisce il comma 3 dell’art. 87 ult. cit., «qualora non sia possibile ricorrere al lavoro agile, anche nella forma semplificata di cui al comma 1, lett. b), le amministrazioni utilizzano gli strumenti delle ferie pregresse, del congedo, della banca ore, della rotazione e di altri analoghi istituti, nel rispetto della contrattazione collettiva. Esperite tali possibilità le amministrazioni possono motivatamente esentare il personale dipendente dal servizio. Il periodo di esenzione dal servizio costituisce servizio prestato a tutti gli effetti di legge e l’amministrazione non corrisponde l’indennità sostitutiva di mensa, ove prevista. Tale periodo non è computabile nel limite di cui all’articolo 37, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3»;

3.            – che, con circolare esplicativa n. 2/2020, il Ministro per la Pubblica Amministrazione ha chiarito che «con riguardo al tema delle ferie pregresse, occorre fare riferimento alle ferie maturate e non fruite, nel rispetto della disciplina definita dalla contrattazione collettiva nazionale di lavoro e nell’ambito dell’esercizio delle prerogative datoriali. Sul punto si richiamano, quindi, le disposizioni contenute nei diversi CCNL di comparto che, nella generalità, pongono un limite alla discrezionalità del datore di lavoro, obbligandolo a consentire la fruizione delle ferie – non godute dal lavoratore nell'anno di maturazione per “indifferibili esigenze di servizio” - entro il primo semestre dell’anno successivo. Le predette disposizioni contrattuali, nella loro portata vincolante, assumono dunque una valenza che soddisfa le esigenze di tutela dell’integrità fisica del lavoratore e dello stato di salute, sottesa all’istituto, in maniera ancora più rafforzata rispetto alle previsioni contenute all'articolo 10 del d.lgs. n. 66 del 2003. Giova ricordare che - secondo la stessa Commissione europea (cfr. Comunicazione interpretativa sulla direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del consiglio del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione del lavoro) - l’effetto positivo delle ferie si esplica pienamente se esse vengono fruite nell'anno; sicché una contrazione dei termini di differimento rispetto alle previsioni del d.lgs. 8 aprile 2003, n. 66, quale quella voluta dalle parti negoziali, non può che risultare maggiormente garantista dei diritti dei lavoratori. Anche l’ARAN, a fugare eventuali dubbi di mancato coordinamento tra la disciplina contrattuale e quella legale (articolo 10 del richiamato d.lgs. n. 66 del 2003) arriva alla conclusione della prevalenza, tra le disposizioni previste dalle due fonti, di quelle di matrice contrattuale (RAL 1051 e 1424.) A tale interpretazione, peraltro costituzionalmente orientata (articolo 36, co. 3, Cost.) si ritiene possa indurre la stessa circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, n. 8 del 3 marzo 2005 laddove richiama esplicitamente la possibilità che la contrattazione collettiva possa prevedere un termine massimo di fruizione del periodo di ferie ‘minore’ di quello individuato dal legislatore.

Alla luce del quadro delineato, si rappresenta che - oltre alle ferie del 2018 o precedenti - la norma deve intendersi riferita anche a quelle del 2019 non ancora fruite. In un contesto caratterizzato dai descritti elementi emergenziali e di eccezionalità, tenuto conto del descritto ruolo preminente del lavoro agile, rientra nei poteri datoriali la possibilità di utilizzare, in una dimensione di sistema e di salvaguardia delle esigenze organizzative, gli strumenti messi a disposizione dal legislatore. Conseguentemente - ferma restando la prioritaria scelta del legislatore, in termini generali, a favore del lavoro agile - si ritiene legittimo che le amministrazioni possano ricorrere all’istituto delle ferie, se del caso a rotazione o intervallate con il lavoro agile, anche in ragione dei picchi di attività. Tale ricostruzione, oltre ad essere in linea con la disciplina della vigente contrattazione collettiva, appare coerente con la situazione emergenziale in essere e funzionale rispetto all’esigenza di assicurare l’attività amministrativa indifferibile» (v. § 2, riguardante “Le misure dell’articolo 87 del d.l. 18/2020 in materia di prestazione lavorativa”).

Considerato

4.            – Che l’art. 87, co. 3, del D.L. n. 18 del 2020, risulta in contrasto con l’art. 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, con l’art. 7 della direttiva 2003/88, con la Convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro n. 132 del 1970, concernente i congedi annuali pagati, ratificata e resa esecutiva con legge 10 aprile 1981, n. 157, e con l’art. 36, co. 3, e 117, co. 1, Cost., nella parte in cui prevede che «qualora non sia possibile ricorrere al lavoro agile, anche nella forma semplificata di cui al comma 1, lett. b), le amministrazioni utilizzano gli strumenti delle ferie pregresse»;

5.            – che, al tal proposito, appare opportuno premettere che, come emerge dalla giurisprudenza nazionale ed euro-unitaria (cfr. Corte di Giustizia, Grande Sezione, 6 novembre 2018, causa C- 696/16), la regula juris in materia è quella per cui, per un verso, il diritto di ogni lavoratore alle ferie annuali retribuite deve essere considerato un principio particolarmente importante del diritto sociale dell’Unione, al quale non si può derogare, trovando il proprio fondamento nell’art. 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, ed ha il medesimo valore giuridico dei Trattati ai sensi dell’art 6 paragrafo 1 TUE: la ratio dell’esercizio dello stesso è quella di consentire al lavoratore di riposarsi dall’esecuzione dei compiti attribuiti godendo così di un periodo di relax e svago. Per altro verso, il datore di lavoro ha l’onere di assicurarsi concretamente e con trasparenza che il lavoratore sia effettivamente in condizione di godere delle ferie annuali retribuite invitandolo, se necessario formalmente, a farlo e nel contempo informandolo – in modo accurato e in tempo utile – del fatto che, se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato. Tuttavia, in un equilibrato contemperamento di principi ed istanze assiologiche di pari rango, il rispetto di tale onere derivante dall’art. 7 della direttiva 2003/88 non può estendersi fino al punto di costringere quest’ultimo a imporre ai suoi lavoratori di esercitare effettivamente la fruizione delle ferie annuali retribuite. Egli deve limitarsi soltanto a consentire ai lavoratori di godere delle stesse dando altresì prova di aver esercitato tutta la diligenza necessaria affinché essi potessero effettivamente di esercitare tale diritto.

6.            – che, peraltro, l’art. 5, co. 8, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95, conv., con mod., dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, ha stabilito che «le ferie, i riposi ed i permessi spettanti al personale, anche di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche … sono obbligatoriamente fruiti secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e non danno luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi. La presente disposizione si applica anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro per mobilità, dimissioni, risoluzione, pensionamento e raggiungimento del limite di età. Eventuali disposizioni normative e contrattuali più favorevoli cessano di avere applicazione a decorrere dall’entrata in vigore del presente decreto…»;

7.            – che, tuttavia, nella prassi amministrativa, si è imposta subito un’interpretazione diretta a mitigare il rigore che caratterizza il nuovo regime, finalizzato ad escludere dalla sfera di applicazione del divieto «i casi di cessazione dal servizio in cui l’impossibilità di fruire le ferie non è imputabile o riconducibile al dipendente» (parere del Dipartimento della funzione pubblica 8 ottobre 2012, n. 40033), con la conseguenza di ritenere tuttora monetizzabili le ferie in presenza di «eventi estintivi del rapporto non imputabili alla volontà del lavoratore ed alla capacità organizzativa del datore di lavoro» (nota prot. n. 0094806 del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato);

8.            – che la prassi amministrativa ha poi trovato l’avallo della giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. civ., sez. lav., 1° febbraio 2018, n. 2496);

9.            – che, inoltre, la Corte costituzionale, con sentenza 6 maggio 2016, n. 95 – nel ritenere non fondata la questione di legittimità di tale disposizione, in riferimento agli artt. 3, 36, co. 1 e 3, e 117, co. 1, Cost. – non ha condiviso l’interpretazione da cui il Tribunale rimettente muoveva, cioè quello per cui «il divieto di corrispondere trattamenti economici sostitutivi delle ferie non godute si applichi anche quando il lavoratore non abbia potuto godere delle ferie per malattia o per altra causa non imputabile». In particolare, ha rilevato la Corte costituzionale che:

i) la prassi amministrativa e la magistratura contabile convergono nell’escludere dall’àmbito applicativo del divieto le vicende estintive del rapporto di lavoro che non chiamino in causa la volontà del lavoratore e la capacità organizzativa del datore di lavoro; questa interpretazione si colloca, peraltro, nel solco tracciato dalle pronunce della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato, che riconoscono al lavoratore il diritto di beneficiare di un’indennità per le ferie non godute per causa a lui non imputabile, anche quando difetti una previsione negoziale esplicita che consacri tale diritto, ovvero quando la normativa settoriale formuli il divieto di “monetizzare” le ferie; così correttamente interpretata, la disciplina impugnata non pregiudica il diritto alle ferie, come garantito dalla Carta fondamentale, dalle fonti internazionali e da quelle europee;

ii) il diritto alle ferie, riconosciuto a ogni lavoratore, senza distinzioni di sorta, mira a reintegrare le energie psico-fisiche del lavoratore e a consentirgli lo svolgimento di attività ricreative e culturali, nell’ottica di un equilibrato «contemperamento delle esigenze dell’impresa e degli interessi del lavoratore»; iii) la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea ha rafforzato i connotati di questo diritto fondamentale del lavoratore e ne ha ribadito la natura inderogabile, in quanto finalizzato a «una tutela efficace della sua sicurezza e della sua salute»;

iv) la garanzia di un effettivo godimento delle ferie traspare, secondo prospettive convergenti, dalla giurisprudenza costituzionale e da quella europea; tale diritto inderogabile sarebbe violato se la cessazione dal servizio vanificasse, senza alcuna compensazione economica, il godimento delle ferie compromesso dalla malattia o da altra causa non imputabile al lavoratore;

v) – non si può ritenere, pertanto, che una normativa settoriale, introdotta al precipuo scopo di arginare un possibile uso distorto della “monetizzazione”, si ponga in antitesi con princípi ormai radicati nell’esperienza giuridica italiana ed europea.

10.          – che, in definitiva, secondo la giurisprudenza costituzionale, il divieto di monetizzazione non può trovare applicazione ove il godimento delle ferie sia stato impedito da uno stato di malattia o da altra causa oggettivamente non imputabile al lavoratore. In tal modo è stato riconosciuto al lavoratore il diritto di beneficiare di un’indennità per le ferie non godute per causa a lui non imputabile, anche quando la normativa settoriale formuli esplicitamente un divieto in tal senso, in questo modo garantendo il diritto alle ferie, come riconosciuto dalla Costituzione e dalle più importanti fonti internazionali ed europee (v. da ultimo, Cons. Stato, sez. I, parere 20 gennaio 2020, n. 154).

Ritenuto

11.          - Che, sulla base delle considerazioni di cui supra da 4 a 9, l’art. 87, co. 3, del D.L. n. 18 del 2020, nella parte in cui prevede che «qualora non sia possibile ricorrere al lavoro agile, anche nella forma semplificata di cui al comma 1, lett. b), le amministrazioni utilizzano gli strumenti delle ferie pregresse», risulta in contrasto con giurisprudenza nazionale ed euro-unitaria, dal momento che, se risulta coerente con la finalità di «limita[re] la presenza del personale negli uffici per assicurare esclusivamente le attività che ritengono indifferibili e che richiedono necessariamente la presenza sul luogo di lavoro, anche in ragione della gestione dell’emergenza», non risulta altrettanto coerente con le esigenze sottese alla fruizione delle ferie pregresse, che si risolvono nella possibilità per i dipendenti di godere di un periodo di relax e svago e che non può certo risolversi nella costrizione ad un periodo di permanenza domiciliare, considerate le misure adottate per il contrasto ed il contenimento sull’intero territorio nazionale del diffondersi del virus Covid-19 con d.P.C.M. 8 marzo 2020 e successivi, con i quali è stato imposto il lockdown;

12.          – che, pertanto, non essendo consentita la fruizione da parte dei dipendenti delle ferie pregresse nel periodo di emergenza epidemiologica, i quali non ne possono godere per cause a loro non imputabili, in coerenza con le premesse di cui supra da 4 a 9, dovrebbe concludersi nel senso che le stesse debbano essere monetizzate nell’ipotesi in cui dovesse ritenersi che la fruizione delle stesse debba avvenire nei tempi massimi stabiliti dai contratti collettivi che non siano compatibili con lo stato di emergenza;

13.          – che, tuttavia, considerato che le relative clausole contrattuali non possono trovare applicazione per impossibilità sopravvenuta temporanea (cfr. art. 1256, co. 2, c.c.), il termine entro il quale le ferie potranno essere godute deve essere differito e/o prolungato per la durata dello stato di emergenza dichiarato per sei mesi con d.P.C.M. 31 gennaio 2020;

14.          – che, in ogni caso, non può ritenersi consentito al datore di lavoro pubblico collocare d’ufficio i dipendenti in ferie durante il periodo per cui è stato dichiarato lo stato di emerga, siccome sarebbe evidente che l’esercizio dei poteri datoriali perseguirebbe un fine (che per quanto legittimo risulterebbe tuttavia) diverso da quello che risulta sotteso, per la giurisprudenza nazionale ed euro-comunitaria, al diritto dei dipendenti alla fruizione delle ferie;

15.          – che, pertanto, deve concludersi nel senso che l’art. 87, co. 3, del D.L. n. 18 del 2020, risulta in contrasto con l’art. 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, con l’art. 7 della direttiva 2003/88, con la Convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro n. 132 del 1970, concernente i congedi annuali pagati, ratificata e resa esecutiva con legge 10 aprile 1981, n. 157, e con l’art. 36, co. 3, e 117, co. 1, Cost., nella parte in cui prevede che «qualora non sia possibile ricorrere al lavoro agile, anche nella forma semplificata di cui al comma 1, lett. b), le amministrazioni utilizzano gli strumenti delle ferie pregresse»;

16.          – che, quindi, l’art. 87, co. 3, del D.L. n. 18 cit., deve essere disapplicato in virtù del principio per cui  «la disapplicazione [è un] obbligo per lo Stato membro in tutte le sue articolazioni e, quindi, anche per l’apparato amministrativo delle Regioni, qualora sia chiamato ad applicare la norma interna contrastante con il diritto Euro - unitario (cfr. in termini, Cons. Stato, sez. VI, 23 maggio 2006, n. 3072, ma a partire da Corte costituzionale 21 aprile 1989 n. 232, e in sede Europea da Corte di Giustizia della Comunità Europea, 22 giugno 1989, C- 103/88 Fratelli Costanzo, nonché Corte di Giustizia dell'Unione Europea 24 maggio 2012, C-97/11 Amia)».

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Tutto ciò premesso, considerato e ritenuto, la Dirpubblica

Invita

Il Ministro per la Pubblica Amministrazione a rivedere il § 2, riguardante “Le misure dell’articolo 87 del d.l. 18/2020 in materia di prestazione lavorativa”, della circolare esplicativa n. 2/2020, avente ad oggetto “misure recate dal decreto-legge 17 marzo 2020 n. 18, recante “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori ed imprese connesse all’emergenza epidemiologica da Covid 19”, nella parte in cui fornisce indicazioni alle amministrazioni in ordine alla fruizione delle ferie pregresse dei dipendenti pubblici, e ciò tenendo conto della necessità di salvaguardarne il diritto prolungandone i tempi di fruizione in funzione della durata dello stato di emergenza così come dichiarato con d.P.C.M. 31 gennaio 2020, con l’avvertenza espressa che, in mancanza di riscontro, la Dirpubblica sarà costretta, suo malgrado, ad assumere ogni iniziativa utile per la tutela della categoria anche in sede giurisdizionale.

 

Avv. Carmine Medici

 

Dirpubblica (Federazione del Pubblico Impiego)

Il Segretario Generale

Dott. Giancarlo Barra

Allegati:

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(Diffida ferie pregresse del 9 aprile 2020 - 508,8Kb)



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